1 de noviembre de 1771 - Un italiano compra dos caballos y comenta lo fácil que es el español (374)

Munito in tal guisa di questi possenti scudi contro l’ozio e la noia (ma invano, poichè sempre ozioso e noioso altrui e a me stesso rimanevami), partii per la Spagna verso il mezzo agosto. E per Orleans, Tours, Poitiers, Bordeaux e Toulouse, attraversata senza occhi la più bella e ridente parte della Francia, entrai in Ispagna per la via di Perpignano; e Barcellona fu la prima città dove mi volli alquanto trattenere da Parigi in poi. In tutto questo lungo tratto di viaggio non facendo per lo più altro che piangere tra me e me soletto in carrozza, ovvero a cavallo, di quando in quando andava pur ripigliando alcun tometto del mio Montaigne, il quale da più di un anno non avea più guardato in viso. Questa lettura spezzata mi andava restituendo un pocolino di senno e di coraggio, ed una qualche consolazione anche me la dava.

Alcuni giorni dopo essere arrivato a Barcellona, siccome i miei cavalli inglesi erano rimasti in Inghilterra, venduti tutti, fuorchè il bellissimo lasciato in custodia al marchese Caraccioli; e siccome io senza cavalli non son neppur mezzo, subito comprai due cavalli, di cui uno d’Andalusia della razza dei certosini di Xerez, stupendo animale, castagno d’oro; l’altro un’Hacha cordovese, più piccolo, ma eccellente, e spiritosissimo. Dacchè era nato sempre avea desiderato cavalli di Spagna, che difficilmente si possono estrarre: onde non mi parea vero di averne due si belli; e questi mi sollevavano assai più che Montaigne. E su questi io disegnava di fare tutto il mio viaggio di Spagna, dovendo la carrozza andare a corte giornate a passo di mula, stante che posta per le carrozze non v’è stabilita, nè vi potrebbe essere attese le pessime strade di tutto quel regno affricanissimo. Qualche indisposizionuccia avendomi costretto di soggiornare in Barcellona sino ai primi di novembre, in quel frattempo col mezzo di una grammatica e vocabolario spagnuolo mi era messo da me a leggicchiare quella bellissima lingua, che riesce facile a noi Italiani; ed in fatti tanto leggeva il Don Quixote, e bastantemente lo intendeva e gustava: ma in ciò molto mi riusciva di aiuto l’averlo già altre volte letto in francese.

, Vita, giornali, lettere de Vittorio Alfieri (1861).

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