Etiqueta: cristóbal Colón

  • Entra Cristobal Colón de vuelta de su primer viaje con sus marineros, que introducen la sífilis en Barcelona, desde donde se propaga por toda Europa

    Capitulo primero del origen & nascimiento deste morbo serpentino dela ysla Española. E de como fue hallado & aparecido y de su proprio nombre.

    Plugo a la diuina justicia de nos dar y embiar dolencias ignotas nunca vistas ni conocidas ni en los libros de medecina halladas assi como fue esta enfermedad serpentina. La qual fue aparescida & vista en España en el año del señor de mil & quatrocientos & nouenta y tres años en la ciudad de Barcelona: la qual ciudad fue inficionada & por consiguiente toda la Europa, y el vniuerso de todas las partes sabidas & comunicables: el qual mal tuuo su origen & nacimiento de siempre en la isla que agora es nombrada Española: segun que por muy larga y cierta esperiencia se ha fallado & como esta isla fue descubierta y hallada por el almirante don Xristoual Colon al poniente teniendo platica & comunicacion con la gente della. E como el de su propia calidad sea contagiosa facilmente se les apego: & luego fue vista en la propia armada: & como fuesse dolencia nunca por los españoles vista ni conoscida, aunque sentian dolores y otros efectos de la dicha enfermedad imponianlo a los trabajos de la mar o a otras causas, segun que a cada vno les parescia, y al tiempo quel almirante don Xristoual Colon llego a España estauan los Reyes Catholicos enla ciudad de Barcelona y como le fuessen a dar cuenta de su viaje & delo que auian descubierto, luego se empeço a funcionar la ciudad y a se estender la dicha enfermedad, segun que adelante se vido por larga esperiencia: & como fuesse dolencia no conocida y tan espantosa a los que la veyan acogianse a hazer mucho ayuno & deuociones & limosnas que nuestro señor los quisiesse guardar de caer en tal enfermedad.

    E luego el año siguiente de mil & quatrocientos y nouenta & quatro años. El xpistianissimo rey Carlos de Francia que al presente reynaua ayunto grandes gentes & passo en Italia: y al tiempo que por ella entro con su hueste yuan muchos españoles enella inficionados desta enfermedad & luego se empeço a inficionar el real de la dicha dolencia: y los franceses como no sabian que era pensaron que de los ayres de la tierra se le apegauan. Los quales le pusieron mal de Napoles. E los Ytalianos & Napolitanos como nunca del tal mal tuuiesen noticia pusieron le mal frances; y de alli adelante segun fue cundiendo asi le fueron imponiendo el nombre cada vno segun que le parescia que la enfermedad traya su origen.

    En Castilla le llamaron bubas, y en Portugal le impusieron mal de Castilla y en la India de Portugal le llamaron los indios mal de los portugueses: los indios de la isla española antiguamente assi como aca dezimos bubas dolores y apostemas y vlceras: assi llaman ellos esta enfermedad Guaynaras: & bipas y tayuas & içus. Yo le impongo morbo serpentino de la ysla Española, por no salir del camino por donde el vniuerso le imponia cada vno el nombre que le parescia que la enfermedad traya su prinncipio: y por esto le pusieron los franceses mal de Napoles, y los ytalianos mal frances: y los portugueses mal de Castilla: & los indios de Arabia, Persia & India mal de Portugal: segun que ya es dicho: & en quanto imponer a esta enfermedad morbo serpentino: es por que segun su fealdad no hallo cosa a que mas naturalmente la pueda comparar que es a la sierpe: porque assi como la sierpe es animal feo y temeroso y espantoso, assi esta enfermedad es fea y temerosa y espantosa: enfermedad graue que apostema & corrompe la carne: & quiebra y podrece los huessos y corta y atrae los neruios, y por tanto le impongo el tal nombre. E sabiendo yo que aqueste mal tuuo su origen de tiempo antiguo en la isla Española y que de alli salio su principio le impongo el tal nombre.

  • Una visión romántica de la recepción de Colón por los Reyes Católicos

    Il 15 aprile, in cui Colombo doveva entrare a Barcellona, gran parte de’ cittadini era andata ad incontrarlo; il fiore della gioventù lo precedeva a cavallo : una deputazione della corte, mandatagli incontro, lo aspettava fuor delle porte della città. Come per compiere e crescere quella solennità, l’orizzonte era tutto dolcezza e luce. La natura precoce del paese faceva pompa delle primizie delle sue ricche produzioni. ll sole splendeva nel più bel sereno. ll vento del mare spandeva, insiem colla sua freschezza, i profumi delle rose e de’ fiori d’arancio che cominciavano ad aprirsi. Nel palagio dei Re, per nuova disposizione, ora stata ingrandita la vasta sala delle cerimonie, resa accessibile al popolo e splendidamente decorata. Sotto un magnifico baldacchino di broccato d’oro stavan rizzati due troni, un seggio coperto di velluto con frange d’oro, e accanto ad esso, posta alquanto innanzi, una ricca seggiola a bracciuoli.

    Poco prima del suo arrivo, preceduti, secondo il cerimoniale usato, dai loro araldi di armi, dalle trombe, dai messaggeri e dalla loro casa militare, i due Monarchi, cinta la fronte della loro corona, e vestiti di tutti gli attributi della sovranità, entrarono, e si assisero ciascuno sopra il suo trono.

    ll Principe reale sedette sul secondo seggio.

    La seggiola a bracciuoli rimase vuota.

    l grandi ufficiali delle due case reali, i ministri, i consiglieri di stato si ordinarono a destra e a sinistra alquanto dietro ai troni. l dignitari d’Aragona da un lato; i dignìtari della Castiglia dall’altro; e più lungi gli impiegati delle due case civili, i cavalieri, gli scudieri, i paggi, ciascuno secondo il suo grado. ln luogo riservato avevano preso posto le dame del palazzo, i prelati, i ricchi signori, la nobiltà; al di fuori della balaustrata stavano in piedi gl’ intendenti delle due corone, e i borghesi che qualche dimestico della corte aveva introdotti colà per favore.

    Al di fuori si udiva il fremito indescrivibile della moltitudine; le strette contrade di Barcellona erano stivate di una calca impaziente di vedere. A tutti i balconi adorni di fiori, di tappeti e di donne, si agitavano mazzi di fiori, ventagli e mantiglie. Da ogni terrazzo, e perfino dai tetti carichi di spettatori partivano mille voci confuse e tutte festose. A poco a poco queil ‘ immenso e sordo romore si fece più grande, si rinforzò, crebbe e si tramutò in tonanti plausi.

    Le grida della calca e il ritorno de’ signori mandati alle porte della città, annunziarono l’arrivo del corteo. E tosto si vide entrare intorniato dagli ufficiali della spedizione, il vessillo reale, cosi felicemente ricondotto dall’altra riva del mar tenebroso; furono guardati con ammirazione quegli uomini dal colorito abbronzato che lo avevano seguito in mezzo a tanti pericoli. La curiosità divorava, per così dire, cogli occhi gli oggetti sconosciuti portati da quel Nuovo Mondo : le piante, gli animali vivi o conservati, sopratutto gl’ lndiani ignudi e timidi, dipinti il corpo in quella strana foggia.

    Alla perfine apparve Colombo altrettanto semplice quanto modesto nella magnificenza della sua assisa. Ma il suo cuore era innondato da santa gioia, e la sua fronte raggiava di una serenità sublime. Trasparivagli dai lineamenti del viso il sentimento dell’augusta missione da lui adempiuta.

    Scorgendo il Rivelatore del Nuovo Mondo, per un moto improvviso, i due Monarchi, alzandosi da sedere, fecero qualche passo innanzi, come per andare verso di lui, e gli stesero graziosamente le mani. Sempre sottomesso all’autorità, Colombo andava in segno di omaggio per baciar le mani reali, piegando il ginocchio secondo l’etichetta di Castiglia ; ma lsabella e Ferdinando non lo consentirono. La Regina, confusa a tale atto di modestia, lo fece sedere accanto a lei nel seggio che gli era stato preparato. «Don Cristoforo Colombo, disse lsabella, copritevi davanti ai vostri Monarchi: sedete accanto a loro. Sedete, Ammiraglio dell’Oceano, Vice-re del Nuovo Mondo.» Cogli occhi, che brillavano di gioia, di tenerezza e di ammirazione, la Regina «non sedette se non dopo che, comandato da lei, Colombo si fu coperto come un grande di Spagna, e si collocò nella seggiola stata collocata espressamente davanti al trono. Poscia che si ebbero gratulato con lui, i Re lo invitarono a far loro il racconto della sua scoperta.

    lndarno fu le molte volte descritto il ricevimento di Colombo a Barcellona. Tutti gli storici, trascurando la parte spirituale e cristiana di questa solennità, hanno quasi passato sotto silenzio il discorso di Colombo per cosiffatta inaugurazione del Nuovo Mondo.

    Siaci dunque permesso riparare questo oblio; e poiché il testo medesimo di tale allocuzione non ci é stato trasmesso fermiamo almeno l’ordine dei fatti e delle nozioni generali, la cui esposizione occupò quella seduta. [etc etc]

  • Carta de Pedro Mártir sobre Colón

    In one of his epistles, dated Barcelona, May 1st, 1493, and addressed to C. Borromeo, [Peter Martyr] says: « Within these few days a certain Christopher Columbus has arrived from the western antipodes; a man of Liguria, whom my sovereigns reluctantly intrusted with three ships, to seek that region, for they thought that what he said was fabulous. He has returned and brought specimens of many precious things, but particularly gold, which those countries naturally produce.»

  • Barcelona en 1847: la Rambla, comparación con Marsella, edificios públicos, la catedral, Colón

    The Rambla and the People on Promenade—Theophile Gautier—Marseilles and Barcelona contrasted—Public Buildings—The Cathedral—Christopher Columbus

    The Rambla, a wide and pleasant promenade, runs from the outer edge of the city, to the water. The trees along its sides had not taken the coloring of spring, and the weather was raw and gusty, but it was a half-holiday, and gentle and simple were taking their noon-day walk. The wealthier classes wore plain colors universally: the men enveloped in their cloaks, the women in rich, black mantillas, the lace of which just flung a shadow on their faces. The poorer people, as in all countries, furnished the picturesque. Full of leisure and independence, for the moment, they went sauntering up and down; the women with gay shawls drawn high around their heads, and their long silver or gold ear-rings, with huge pendants of topaz glancing in the sun; the men in long caps of red or purple, and striped and tasseled mantles, making lively contrast with the rich and various uniforms of the soldiers who were on the stroll. Now and then among the crowd you might discover the peaked hat so general in the south, bedecked with velvet trimmings, and tufts of black wool upon the brim and crown. Accompanying it, there would be a short fantastic jacket, with large bell buttons dangling, while the nether man was gorgeous in breeches of bright blue, with black leggings, and the everlasting alpargata, or hempen sandal. «Who are those troops?» I inquired of an old man, as a squad passed us, half-peasant, half-soldier in costume, their long, blue coats with red facings fluttering loose behind them. » They are the mozos de la escuadra,» he replied. «What is their branch of service?» «To keep the province clear of thieves.» «Are there, then, thieves in Catalonia?» «O! si senor! los hay, creo, en todas partes, como vmd. sabra» («Oh yes, sir, there are some every where, I think, as your worship may know,») said the old rascal, with a knowing leer.

    Theophile Gautier, in his pleasant «Voyage en Espagne,» has sufficient gravity to say that Barcelona has nothing of the Spanish type about it, but the Catalonian caps and pantaloons, barring which, he thinks it might readily be taken for a French city, nay, even for Marseilles, which, to his notion, it strikingly resembles. Now it may be true, as Dumas says, that Theophile professes to know Spain better than the Spaniards themselves; a peculiarity, by-the-by, among travelers, which the Spaniards seem to have had the luck of; but I must be pardoned upon this point, for knowing Marseilles better than he, having been there twice, for my sins, and too recently to be under any illusions on the subject. Dust from my feet I had not shaken off against that dirty city, because dust there was none, when I was there, and the mud, which was its substitute, was too tenacious to be easily disposed of. Yet I had sickening recollections of its dark and inconceivably filthy port, through all of whose multiplied and complicated abominations—solid, liquid, and gaseous—it was necessary to pass, before obtaining the limited relief which its principal but shabby street, «la Cannebière afforded. In the whole city, I saw scarce a public building which it was not more agreeable to walk away from than to visit. What was worth seeing had a new look, and with the exception of a sarcophagus or two, and the title of «Phocéens,» assumed by the Merchant’s Club, in right of their supposed ancestors from Asia Minor, there was really nothing which pretended to connect itself, substantially, with the past. Every thing seemed under the influence of trade—prosperous and ample, it is true, but too engrossing to liberalize or adorn.

    In Barcelona, on the contrary, you look from your vessel’s deck upon the Muralla del Mar, or sea-wall, a superb rampart, facing the whole harbor, and lined with elegant and lofty buildings. Of the churches, I shall speak presently. Upon the Rambla are two theaters : one opened during my visit, and decidedly among the most spacious and elegant in Europe; the other of more moderate pretensions, but tasteful and commodious, with an imposing facade of marble. In the Palace Square, the famous Casa Lonja, or Merchants’ Hall, stands opposite a stately pile of buildings, erected by private enterprise, and rivaling the beauty of the Rue Rivoli of Paris, or its models, the streets of Bologna, where all the side-walks are under arcades. On the other side of the same Plaza, the palace, a painted Gothic, fronts the Custom-house, which, overladen as it is with ornament, has yet no rival in Marseilles. Toward the center of the city, in the Square of the Constitution, you have on one side the ancient Audiencia, or Hall of Justice, whose architectural relics bring back remembrances of Rouen, while on the other side is the Casa Consistorial, or House of the Consistory, associated in its fine architecture and name, if not its present uses, with the days when the troubadour and the gaye science were at home in Barcelona, under the polished rule of the Arragonian kings. Every where throughout the city, you see traces of the past, and of a great and enterprising people who lived in it. Instead of the prostration and poverty which books of travel might prepare you to expect as necessary to a Spanish city, you find new buildings going up, in the place of old ones demolished to make room for them; streets widened; domestic architecture cultivated tastefully (as, indeed, from the ancient dwellings, it would seem to have always been in Barcelona), together with all the evidences of capital and enterprise, made visible to a degree, which Marseilles, with its vastly superior commerce and larger population, does not surpass.

    Nor, even as to the people, are the caps and trowsers the only un-French features. The Catalan, of either sex, is not graceful, it is true, or very comely. The women want the beauty, the walk, the style of the Andalusians. The men are more reserved in manner, less elegant and striking in form, more sober in costume and character than their gay southern brethren. But they are not French men or women, notwithstanding. Imagine a Marseillaise in a mantilla! «Uneasy lies the head that wears a crown»—even if it be but the crown of a bonnet; and it is impossible for one who has been bred to the use of those great equalizers of female head-carriage, to realize, much less to attain, the ease of motion, the fine free bearing of the head, neck, and shoulders, which the simple costume of the Spanish women teaches, and requires to make it graceful. Where, in the mincing gait on the trottoirs, will you find the proud, elastic step which the Spanish maiden is born to, even if it be her only inheritance? And where (to speak generally) among the loungers of cafes, and readers of feuilletons, or the proverbially brutal populace about them, do you see the parallel of that all-respecting self-respect, which it is a miracle not to find in the bearing of a Spaniard, be he high or low? It is an easy thing, M. Gautier, to condense a city into a paragraph!

    From the Rambla, we went down, along the sea-wall, to the Palace Square, where we found our way into the Lonja. The chambers of the commercial tribunals were in excellent taste. In each, there hung a portrait of the Queen, and, as all the likenesses were very much alike, I fear that they resembled her. We were shown through a gallery of bad pictures and statues—not very flattering testimonials of Catalonian art. During one of the recent revolutions, some indiscriminating cannon-balls had left these melancholy manifestations untouched, and had done a good deal of damage to the fine Gothic hall of the merchants. None but bullets fired in a bad cause could have conducted themselves so tastelessly. I would fain believe, however, that the more judicious Barcelonese have satisfied themselves, that the practical, not the ideal, is their forte, inasmuch as the extensive schools in the Lonja which are supported by the Board of Commerce, are all directed with a view to usefulness. Those of drawing and architecture are upon a scale to afford facilities, the tithe of which I should be happy to see gratuitously offered to the poor, in any city of our Union.

    An attractive writer (the author of the «Year in Spain») tells us that » the churches of Barcelona are not remarkable for beauty.» Externally, he must have meant, which, to a certain extent, perhaps, is true; but as to their interior, it is impossible to understand such a conclusion. The Cathedral and Santa Maria del Mar are remarkable, not only as graceful specimens, in themselves, of the most delicate Gothic art, but as resembling, particularly, in style, in the color of their dark-gray stone, and in their gorgeous windows, the very finest of the Norman models. Indeed, the great prevalence of this similarity in the churches of the province, has induced the belief, among approved writers, that the Normans themselves introduced the Gothic into Catalonia. Santa Maria del Mar reminds you, at a respectful distance, of St. Ouen, in the boldness and elevation of its columns and arches, and the splendor of its lights. It has an exquisite semi-circular apsis, corresponding to which is a colonnade of the same form surrounding the rear of the high altar; a feature peculiar to the Barcelonese churches, and giving to their interior a finish of great airiness and grace.

    From Santa Maria, we rambled up to the Cathedral, through many by-streets and cross-ways, passing through the oldest and quaintest portion of the city, and occasionally creeping under a queer, heavy archway, that seemed to date back almost to the days of Ramon Berenguer. Fortunately, we entered the church by one of the transept doors, and thus avoided seeing, until afterward, the unfinished, unmannerly facade. It would not be easy to describe the impression made on me by my first view of the interior of this grand temple, without the use of language more glowing, perhaps, than critical. When we entered, many of the windows were shaded; and it was some time before our eyes, fresh from the glare of outer day, became sufficiently accustomed to the gloom, to search out the fairy architecture in it. But, by degrees, the fine galleries, the gorgeous glass, the simple and lofty arches in concentering clusters, the light columns of the altar-screen, and the perfect fret-work of the choir, grew into distinctness, until they bewildered us with their beautiful detail. What treatises, what wood-cuts, what eulogies, should we not have, if the quaint carvings, of which the choir is a labyrinth, were transferred to Westminster, and the stalls and canopies of the Knights of the Golden Fleece were side by side with those of Henry the Seventh’s far-famed chapel! The same dark heads of Saracens which looked down on us from the «corbels grim,» had seen a fair gathering of chivalry, when Charles V., surrounded by many of the gallant knights whose blazons were still bright around us, held the last chapter of his favorite order there! Perhaps—and how much more elevating was the thought than all the dreams of knighthood !—perhaps, in the same solemn light which a chance ray of sunshine flung down the solitary nave, Columbus might have knelt before that very altar, when Barcelona hailed him as the discoverer of a world ! Let us tread reverently ! He may have pressed the very stones beneath our feet, when, in his gratitude, he vowed to Heaven, that with horse and foot he would redeem the Holy Sepulcher! «Satan disturbed all this,» he said, long after, in his melancholy way, when writing to the Holy Father; «but,» then he adds, «it were better I should say nothing of this, than speak of it lightly.» May it not have been, even in the moments of his first exultation, that here, in the shadow of these gray and awful aisles, he had forebodings of hopes that were to be blighted, and proud projects of ambitious life cast irretrievably away?

  • Descripción del espectáculo «Buffalo Bill’s Wild West», con unas consideraciones antropológico-literarias; desembarcan mareados, y se embarcan hambrientos

    BÚFALO BILL’S

    [Información zoológica sobre los búfalos]

    Barcelona tuvo el gusto de ver pieles-rojas de la gran familia americana en 1493 cuando Cristóbal Colón regresó de su primer viaje, siendo recibido en nuestra ciudad por los reyes católicos.

    Pero en cuanto á bisontes bien se puede asegurar que no vio aquí el primero hasta hace unos doce años, cuando vino el domador Bidel en sus buenos tiempos, trayendo una rica y variada colección zoológica en la cual había un hermoso ejemplar de aquellos indivíduos de la espacia bovina.

    A pesar de que en 1493 vinieron caribes á Europa, Barcelona que ha visto trabajar en sus teatros árabes, senegaleses, tártaros, mongoles, etc… no había visto aún en su verdadero traje á los hijos da las praderas norte-americanas hasta el día de ayer en que les vio aparecer con sus túnicas de piel de antílope adornado con púas de puerco espín y sus típicos mocasines, con el rostro pintarrajeado á la usanza de su país y llevando también sus propias armas y arreos de la vida nómada.

    Los indios de la América del Norte, algo distintos de los fueganos y sud-americanos, como también de los toltekas de la región central, pertenecen en su mayoría á la numerosa tríbu da los Siux, y hablan la lengua narcotah que algunos sabios comparan al dialecto de los tártaros manchues. Lo cual puede probar que an épocas remotas los hijos del Asia invadieron las llanuras del Alaska, pasando el estrecho de Bering.

    Esta raza que no nos ha hecho ningún mal y que tan bien acogió á los primeros europeos, causa verdadera tristeza á los hombres pensadores al verla destinada á fundirse ante los rayos de la civilización moderna que de día en día va extendiendo sus conquistas hacia el Lejano Oeste como denominan los yankees á la extensa pradera americana.

    Mañana no quedará como recuerdo de su pasada existencia más que aquel triste poema conocido en los Estados Unidos por Las Memorias de Tanner el cual tan bien los retrata en su vida íntima por haber participado de ella durante 30 años.

    Y luego como nota de brillante colorido, las populares descripciones del conocido autor de Los cazadores de caballeras y La Jornada de la Muerte, también recordarán á esos desgraciados pieles rojas, condenados á perecer en la especie. Estas obras encierran el principio y fin de aquellos desdichados hijos del desierto, crueles con la raza blanca, desde el día en que ésta les pagó su hospitalidad con la más negra de las ingratitudes.

    Saludemos pues benévolamente á los últimos descendientes de un pueblo que fué, y de cuyas dos ramas Aztecas y Delavares ya no queda ni un solo individuo; y vamos á describir la fiesta de ayer.

    El espectáculo

    El espectáculo «Búfalo Bill’s Wild West», puede considerarse dividido en tres partes: presentación de costumbres de los habitantes del Oeste de los Estados Unidos, agitación y ejercicios de tiro.

    En la primera, que no importa decir es la más instructiva, se presentan escenas sumamento pintorescas, y que si bien no producen una ilusión completa, trasladan al espectador con un pequeño esfuerzo de imaginación á las praderas americanas del Oeste.

    La segunda es una demostración brillante del dominio que sobre el caballo tiene el ginete americano, tanto el indio como el blanco.

    Y la tercera, es una prueba de la habilidad que en el tiro de pistola, revólver y carabina, tienen los norteamericanos y especialmente el coronel Cody.

    Constituía el primer número del programa de ayer el desfile de toda la compañía. Presentóse el grupo de los indios Arrapahos, con sus trajes de colores, la cabellara suelta, casi tendidos sobre sus caballos, á la carrera, formados en línea, dando aullidos, blandiendo sus armas, y después de dar una vuelta al redondel detuviéronse en medio, todos á una y con precisión admirable. Allá á lo lejos se vio aparecer á su jefe Black Heart (Corazón Negro), que fué recibido con gritos de júbilo por sus subordinados, y después de dar también una vuelta á la pista se detuvo junto á ellos.

    Al mismo tiempo aparecía un grupo de vaqueros americanos seguidos del rey de los vaqueros, Buck Taylor, y practicaron la misma maniobra.

    Así fueron desfilando el grupo de indios Brulé; su jefe Little Chiot; el grupo de la tribu de indios Cut Off; Bave Bear (Oso valiente), otro grupo de vaqueros mejicanos; el de indios Cheyenne; Eagle Horn (Cuerno de águila), su jefe; un grupo de muchachas del Oeste de los Estados Unidos; el vaquero más pequeño del mundo llamado Bennia Irving; los Boys Chiete, pequeños jefes del pais de los Siux; las banderas española y norte-americana; el grupo ds indios Ogallala Siux; su jefe Low Neck (Cuello Corto); Rockey Rear (Oso Rojizo) médico hechicero del pais de los Siux, según rezan los programas, Red Shirt (Camisa Roja) jefe guerrero del pais de los Siux, y por último el arrogante Buffalo Bill, ó sea el coronel Cody, que después de dar, montado en su brioso caballo, la vuelta de ordenanza á la pista, se paró de repente ante la presidencia y saludó quitándose el sombrero airosamente.

    Mientras duró el desfile no cesaron ni un punto los gritos de los indios, que, con sus multicolores trajes, su rostro pintarrajeado, sus cabellos completamente negros y sueltos formaban un conjunto abigarrado y en extremo pintoresco.

    Los aplausos del público demostraron el buen efecto que la había producido el desfila.

    Una carrera de caballos entre ua mejica-no, un vaquero y un indio, y una pantomima en que se ponía á la vista el modo de conducir el correo en las regiones fronterizas de los Estados Unidos antes de la construcción de los ferrocarriles constituyeron los dos números siguientes.

    Aunque en Barcelona estamos cansados de ver hábiles tiradores, arrancó aplausos con sus ejercicios de una precisión admirable, la señorita Annie Oakley.

    Daba gusto ver á aquella niña, pues aspecto de niña tiene desde lejos, colocarse á seis ó siete pasos de la carabina; echar á correr al mismo tiempo que se le arrojaba al aire un objeto, cojer la carabina, disparar y convertir en cien pedazos el blanco.

    El ataque, por los indios, de un tren de emigrantes es un cuadro que impresiona por su acción verdaderamente dramática, y que tiene por remate una nota elegante y sumamente agradable. Las chicas del Oeste y los vaqueros, para demostrar la alegría que les ha producido el haber derrotado á los indios, bailan á caballo los rigodones conocidos con al nombre de Virginia Reel.

    Tiene también interés dramático, aunque hay que confesar que todas estas escenas en que se presentan episodios, tienen mucho de espectáculo, y por lo tanto la ilusión dista bastante de ser completa, el desafío de «Búffalo Bill» con Yellow Hand en presencia de las tropas ds los Estados Unidos y de las fuerzas de los indios rebeldes, después de haber andado á tiros unos y otros. Esta pantamima se refiere á un acontecimiento histórico en que fué principal actor el mismo «Búffalo Bill.»

    La escena que en nuestro concepto tiene más sabor local, si así puede decirse, es la primera de las que en el programa son llamadas «Pasatiempos de los vaqueros». Consiste en tirar el lazo á una manada da caballos que figuran ser salvajes y que corren como flechas. En las otras escenas se ve más la hilaza, ó sea el estudio y la preparación, pero de todas maneras tienen gran mérito. Montan aquellos ginetes increíbles sobra los caballos indomables, se agarran fuertementa de piernas á los lomos, clavan las espuelas en los ijares, y ya puede botar, y encabritarse, y arrojarse al suelo, y revolcarse, el caballo: permanece el ginate pegado al animal y llega por fin á dominarlo por completo. Sucede á veces que el ginete cogido fuertemente á la cuerda es arrastrado por el caballo; otras en que cae debajo de este, herido, y sus compañeros tienen que levantarlo.

    Otro de los números curiosos es el ataque de la diligencia Deadwood, por los indios y su derrota por las avanzadas y los vaqueros almando da «Búffalo Bill».

    El vehículo que sa presenta, completamente desvencijado y en el que subieron varios señores del público y dos cow-boys, es célebre por los muchos asesinatos que en él se han cometido y por las celebridades que en él han viajado.

    Según el programa, dos presidentes de los Estados Unidos, cuatro reyes y todas las personas reales que asistieron al Jubileo da la reina Victoria en Londres, se han sentado en este carruaje.

    Produce verdadera emoción la carrera á caballo de dos mujeres indias. Montan á horcajadas como los hombres, se agarran como ellos fuertemente á los lomos y salan disparadas. El caballo no lleva silla, ni estribos, y sin embargo, aquellas amazonas parecen adheridas al bruto.

    Sosos y monótonos, si se quiere, son los bailes del trofeo, de cabellera y de guerra que dan á conocer los indios; pero como son reproducciones exactas de las mismas danzas que se bailan en el Fart-vest, ó mejor las mismas, tienen todo el sabor local que se puede pedir.

    La caza del búfalo, no obstante ser uno de los números más llamativos del programa, no resulta, á nuestro parecer, a mucho efecto. Casi es tan sosa como las danzas.

    El joven tirador Johnne Bake, el tiro de pistola y de revolver y las carreras á caballoentre chicas americanas fronterizas, no ofrecen ninguna novedad, pero tienen extraordinario mérito por la precisión.

    En cambio «Buffalo Bill» tirando montado á galope y con precisión suma, es una de las cosas más notables que darse pueden.

    El ataque de un rancho fronterizo tiene también mucho de convencional; pero da una idea bastante exacta del sigilo y la audacia son que llevan á cabo los indios sus golpes de mano.

    Termina el espectáculo con el desfile desordenado de tedos los indios, vaqueros y mejicanos. Formando tres círculos concéntricos, corren los ginetes en opuestas direccionas con rapidez vertiginosa, lanzando ahullidos salvages. Es de ver flotando al aire las plumas y las cabelleras de los indios, entremezclándose los brillantes colores de los trages, á los pálidos rayos del sol muriente. Parece imposible que no haya la más leve confusión, que puedan dar vueltas con la seguridad de una rueda sin que uno interrumpa un solo instante el paso del otro. Por fin, en informe pelotón regresan á las cuadras, sobresaliendo entre todos la varonil y gallarda figura de Búffalo Bill.

    Al salir del cireo la concurrencia se desparramó por los campamentos para ver de cerca los indios que se mantenían encerrados en sus tiendas, asomando da vez en cuando la cabeza con el cebo de un cigarrillo.

    A la puerta del hipódromo vimos vendedores de caña dulce y en el interior unos vendedores ambulantes ofrecían otro dulce preparado con granos de maíz y miel.

    Un chiquillo piel roja que discurría entra la gente, tomaba los céntimos que le ofrecían con el mismo desenfado de un piel blanca. Por lo visto estos salvajes ya están fuera de la edad de ia permuta y comienzan á familiarizarse con la moneda.

    Producía extraño efecto aquel campamento indio del Far-West trasladado á la izquierda del ensanche, y uno no sabía convencerse de que con tanta tranquilidad pudiéramos permanecer sin peligro al lado de los terribles cazadores de cabelleras.

    La concurrencia que asistió al nuevo Hipódromo fue numerosa. No bajaría de siete mil personas.

  • Llega Azaña con el Estatuto de Autonomía; se confunde el logotipo de Shell con la bandera catalana

    Reign of Reason

    There was dancing in the streets in Barcelona last week, such a fiesta as not even the oldest Catalan could remember. By oxcart and on burro the peasants came in their red stockinet caps and baggy breeches. Leather-faced fishermen came up from Tarragona. All night long shouting crowds surged up & down under the huge plane trees of the ramblas to rigadoon round the statue of Christopher Columbus and back up the hill again. From a thousand staffs fluttered the five-barred red-&-yellow Catalonian flag. Trucks of Shell Oil Co. were hailed with delight.

    All this was caused when quiet, bespectacled Premier Manuel Azana of Spain came to town to hand white-toothed «President» Francisco Macia of Catalonia a copy of the statute granting home rule to Catalonia.

    «Everything depends upon how you use this liberty,» warned Premier Azana. «For the sake of Catalonia and Spain, be careful!»

    Pink with pleasure, Colonel Macia waved his hands excitedly and shouted:

    «The Catalans can feel now they are true sons of a country rich in glorious tradition. I interpret the sentiments of all of them, when I say that Sept. 25, 1932 will be recorded on the pages of history as ushering in a reign of reason and justice on Iberian soil.»

    Crowds standing in the square before the high porticoed Generalidad burst into El Segredores, the once proscribed Catalonian anthem, roared loudest at the verse about cutting off the heads of the proud Castilians. Manuel Azana grinned good naturedly. Even the white geese in the Cathedral cloister honked their loudest.

    [Dateline 1932/10/03]

  • En la invención del Barrio Gótico: reinauguración de la Capilla de Santa Agueda; inauguración del Museo de la Ciudad y del Instituto Municipal de Historia en la trasladada Casa Padellás

    En la mañana … tuvo efecto la ceremonia de reanudación del culto en la Real Capilla del antiguo Palacio de los Reyes de Aragón, acto que juntamente con las inauguraciones del Museo de la Ciudad y del Instituto Municipal de Historia constituyeron los actos preliminares de los que comenzarán hoy para conmemorar el aniversario de la llegada del navegante, Cristóbal Colón, a esta ciudad.

    Al solemne acto religioso asistieron el gobernador militar, general señor Moreno Calderón; el Ayuntamiento, representado por el alcalde, don Miguel Mateu; tenientes de alcalde señores Joaniquet, Ribas Seva, Bassois, barón de Quadras, barón de A1lbí, marqués de Sagnier, Ventosa, Despujol, Carreras Artau, y concejales señores conde de Caldas de Montbuy, Junyent, Canes y Trias; general Ferrater; rector de la Universidad doctor Gómez del Campillo; decano de la Facultad de Filosofía y Letras, doctor Cirac; diputados provinciales señores Sala Amat y Raventós; ex alcaldes de Barcelona expresamente invitados al acto, señores marqués de Olérdola y de Alella y señor Coll y Rodés; ex concejales señores Roda Ventura y Amat; marqués de Caldas de Montbuy, presidente de la Academia de Buenas Letras de Barcelona; Bonet del Rió, presidente del Círculo Artístico; Martín Almagro, director del Museo Arqueológico; Martínez Ferrando, Jefe del Archivo de la Corona de Aragón; Durán y Sanpere, director del Archivo Histórico de la Ciudad; Casas Abarca, presidente de los «Amigos de los Museos»; Monreal, comisario de la zona de Levante del Patrimonio Artístico Nacional Xavier de Salas, director del Museo de Bellas Artes de Cataluña; jefe provincial del S.E.M., camarada Sancho Vecino; barón de Esponellá, jefe del Servicio Sindical de Alta Cultura Agrícola; don Manuel Rocamora, don Miguel Soldevila, director del Instituto Municipal de Artes Suntuarias; Millet, jefe del Negociado de Cultura del Ayuntamiento, con el secretario del teniente de alcalde de dicho Departamento, señor Duran; el cura ecónomo de San Justo, doctor don Luis Mas Grau, a cuya jurisdicción pertenece la capilla restaurada, y otras jerarquías y personalidades.

    La misa fue celebrada por el canónigo doctor don José Montagut… Durante el acto religioso la capilla de música de la Escuela del Mar cantó unos motetes y, finalmente la Salve.

    […]

    Terminada la indicada ceremonia religiosa todas las autoridades y personalidades que a la misma asistieron se trasladaron a la Casa Padellás, en la que han sido instalados el Museo de la Ciudad y el Instituto Municipal de Historia, situado en la histórica Plaza del Rey.

    […]

    Discurso del alcalde

    El Ayuntamiento de Barcelona, al liberarse ia ciudad, se planteó un problema de índole espiritual de bastante trascendencia: hacer frente a los graves problemas materiales y económicos que se le presentaban y aplazar para más tarde los de índole cultural y artística.

    Como en definitiva es el espíritu lo que mueve a los pueblos, el actual Ayuntamiento no vaciló en simultanear la solución de los dos aspectos. Y una manifestación de la obra cultural y artística realizada por la Corporación Municipal culmina en el acto de hoy, fruto de cuatro años de trabajo, de restauración arqueológica y artística que han exigido la inversión de importantes sumas.

    […]

    La Casa Clariana Padellás, una vez restaurada en la Plaza del Rey, reunía … una condición de excepcional importancia que la convertía en sede obligada del Museo de Historia local: la de conservar en sus sótanos los vestigios auténticos más antiguos de la ciudad puestos al descubierto después de pacientísimas y afortunadas excavaciones. Esta Casa llevaba, pues, consigo la primera página d« la historia de Barcelona que el Museo debía tratar de ir desarrollando en sus instalaciones.

    No es este Museo un sagrario de objetos de arte. Este es un Museo pedagógico y ¿por qué no decirlo? sentimental. Porque a la vez que se trata de guiar al visitante a través de los dilatados tiempos de la historia de la ciudad, nos permite contemplar monumentos desaparecidos, calles y plazas que ya no existen o que han sido completamente transformadas y rincones de la ciudad densos de recuerdos familiares.

    Para la formación del presente Museo nos hemos valido de las colecciones de grabados, planos, pinturas y objetos gne se habían ido reuniendo en los distintos museos y archivos de Barcelona y que allí esperaban inactivos la hora de ser llamados para constituir esta nueva Institución cultural, deseada por todos y ofrecida diversas veces por el Ayuntamiento.

    [Archivo Histórica, institution municipal @ Casa del Arcediano -> Instituto Municipal de Historia de Barcelona. 450º aniversario Colón. Descripción salas.]

  • Terra Lliure se atribuye los incendios de la «Santa Maria»

    La organización independentista Terra Lliure se atribuyó ayer la autoría de los incendios provocados en la El fiscal pide la extradición de “Azkoiti”, jefe histórico de ETA Francia extraditó ayer a otro etarra, acusado de cinco asesinatos carabela “Santa María”, anclada en el puerto de Barcelona. Terra Lliure señala que la nave forma parte de “la españolización de nuestra tierra”. La carabela, según la Diputación de Barcelona, no es ni tan siquiera una reproducción de la que utilizó Colón en su primer viaje a América, sino que se trata de una nave construida para los decorados de una película que fue rodada en los años cincuenta. – Efe